Il documento di Alleanza per l’Infanzia e EducAzioni
La nuova Raccomandazione Europea sui servizi educativi e la situazione italiana. Alleanza per l’Infanzia ed EducAzioni chiedono al governo di intervenire per correggere le criticità nell’attuazione del PNRR
Con la Raccomandazione 14785/22 del 29 novembre 2022, a distanza di un ventennio, il Consiglio dell’Unione Europea riprende il tema dell’estensione dell’offerta educativa per i bambini/e prima dell’obbligo scolastico rivedendo gli obiettivi quantitativi fissati a Barcellona nel 2002. Si tratta di un documento molto importante per chi, come le associazioni della nostra rete, si è battuto e si batte per il miglioramento della qualità dell’educazione infantile e per il riconoscimento dell’universalità del diritto a fruirne da parte delle bambine e dei bambini. Se nel testo di Barcellona l’estensione dell’offerta educativa si giustificava solo per la sua ricaduta sulla partecipazione delle donne al lavoro, oggi il Consiglio dell’Unione Europea inserisce la proposta in un quadro molto più articolato che fa tesoro delle importanti accomandazioni emesse nell’ultimo decennio dalla Commissione e dal Consiglio dell’Unione Europea relative al ruolo dell’educazione infantile per ‘spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale (2013)’ e alla necessità di offrire ‘sistemi di educazione e di cura per l’infanzia di alta qualità (2019)’ e, non ultima, l’importante Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 14 giugno 2021, che istituisce una Garanzia europea per l’infanzia, affinché ogni bambino/a e ragazzo/a a rischio di povertà ed esclusione sociale abbia accesso a servizi di cura e educazione di alta qualità.
La nuova Raccomandazione non si limita a fissare nuovi obiettivi quantitativi: 45% per l’offerta ai bambini sotto i tre anni e 96% per quelli da 3 anni all’inizio della scuola primaria. Ne ridiscute anche le motivazioni. Sottolinea che l’offerta di servizi di cura e educazione deve essere di alta qualità, per promuovere lo sviluppo delle potenzialità di ciascun bambino/a, nella prospettiva di costruire una società più equa e inclusiva, in cui l’occupazione femminile è vista come volano di benessere diffuso e di partecipazione sociale. La Raccomandazione dedica grande attenzione al tema dell’accessibilità dei servizi educativi in termini della loro diffusione territoriale e degli ostacoli alla loro fruibilità da parte di molte famiglie per motivi economici, culturali o di insufficienza del sistema dei trasporti locali. Anche se non supera del tutto la logica secondo cui i servizi educativi per la prima infanzia sono soprattutto uno strumento di conciliazione famiglia-lavoro per i genitori e in particolare le madri, ne sottolinea l’importanza per il benessere e lo sviluppo dei bambini/e in quanto tali, in particolare i più svantaggiati, a prescindere dalla condizione occupazionale dei genitori.
Nel nostro Paese l’obiettivo fissato a Barcellona nel 90% per i bambini tra i 3 e i 6 anni per l’inserimento nella scuola dell’infanzia è stato raggiunto da tempo, anche se anche se la frequenza alla scuola dell’infanzia ha subito un calo negli ultimi 10 anni (cfr. Fig. 1) e permangono diseguaglianze territoriali in particolare per quanto riguarda la disponibilità del tempo pieno e del servizio mensa, non sempre presenti nel Mezzogiorno.
Viceversa, quello del 33% per la frequenza a un servizio educativo per i bambini sotto i 3 anni è ancora da raggiungere, benché sia stato evocato più volte dal D.lgs. 65/2017 e dalla legge di bilancio per l’anno 2022 (L. 234/2021). Nel 2020-21 i posti disponibili, incluse le sezioni primavera, coprono solo il 27,2% dei bambini/e 0-3 anni a livello nazionale (di cui il 49% in nidi pubblici). Vi è, inoltre, una grande disomogeneità territoriale e infra-territoriale nella loro distribuzione (cfr. Fig. 2) e forti differenze socio-economiche nell’utilizzo, a vantaggio delle regioni del Centro-Nord e dei ceti più istruiti e in migliori condizioni economiche, come mostrano i dati più recenti diffusi a cura dell’ISTAT per conto della Presidenza del Consiglio, Dipartimento Politiche per la famiglia.
I nuovi obiettivi numerici fissati in sede europea rappresentano un impegno ulteriore. Inoltre, il tema dell’accessibilità dei servizi nelle sue diverse declinazioni è di primaria importanza nell’attuale situazione italiana, dove molti territori sono connotati sia da tassi particolarmente alti di povertà assoluta, povertà educativa ed abbandono scolastico, sia da una forte carenza di servizi educativi per l’infanzia. Gli studi scientifici in merito al ruolo dei servizi educativi 0-6 sottolineano quanto essi possano essere importanti anche nella riduzione delle diseguaglianze. Pertanto, il sistema integrato 0-6 si trova a fronteggiare la duplice sfida di estendere l’offerta educativa in maniera articolata sui diversi territori e di garantirne la qualità educativa e l’inclusività.
Fig. 1 Bambini iscritti all’istruzione pre-primaria dai 3 anni fino all’età dell’istruzione obbligatoria: l’Italia in ottica europea (% sulla popolazione in età)
Elemento fondamentale per garantire la qualità dell’esperienza educativa dei bambini, oltre a mettere a disposizione spazi e arredi strutturalmente adeguati, progettati ed allestiti con cura ed attenzione, considerando le specificità e le potenzialità caratteristiche dei bambini di età diverse, è la presenza di educatori e docenti adeguatamente qualificati. I servizi richiedono altresì la presenza di un coordinamento pedagogico (anche nella scuola dell’infanzia statale) qualificato per garantire un lavoro d’equipe e la progettazione di un curricolo di qualità, come previsto nelle Linee Pedagogiche del sistema integrato zerosei.
La Legge 107/2015 e il successivo D. Lgs. 65/2017 hanno stabilito il requisito di un titolo di studio di livello universitario anche per gli educatori 0-3, come già avviene per i docenti della scuola dell’infanzia. Attualmente, tuttavia, la formazione universitaria presenta percorsi separati e di diversa impostazione per i due tipi di servizio e fasce di età (e con accesso a numero chiuso nel caso dei corsi per i docenti di scuola dell’infanzia). È opportuno prevedere una formazione per gli educatori/educatrici dei nidi e i docenti della scuola dell’infanzia che rafforzi la costruzione di un percorso in continuità verticale dell’apprendimento del bambino/alunno nel segmento 0-6.
Fig. 2 Posti nido e micronido per 100 bambini/e 0-2 anni. Anno educativo 2019/2020
Fonte: ISTAT, Presidenza del Consiglio dei Ministri/Dipartimento politiche della famiglia, Università Cà Foscari, Nidi e servizi educativi per bambini 0-6 anni. Uno sguardo d’insieme (a cura di G. Milan), fig. 1.4.
A fronte degli importanti investimenti nella costruzione e ristrutturazione di nuovi servizi educativi per l’infanzia e di scuole dell’infanzia previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, si considera con preoccupazione sia l’attuale carenza di docenti nella scuola dell’infanzia in molte regioni, e la previsione di un suo aggravamento per il pensionamento di molti (nei prossimi 10 anni i pensionamenti dimezzeranno i docenti delle Scuole dell’Infanzia) e il necessario potenziamento del tempo pieno in tutti i territori, sia il prossimo grande fabbisogno di educatori per i nuovi servizi per l’infanzia (stimabile incirca 32.000, come si evince dalla Tabella 1). È quindi urgente una progettazione articolata e congiunta tra Atenei, Amministrazioni regionali e Enti Locali affinché siano qualificati educatrici/educatori e docenti in numero corrispondente al fabbisogno previsto nei vari territori, anche al fine di evitare, come già accade per altri ordini scolastici, problematici fenomeni di migrazione di docenti da una regione all’altra.
Tab. 1 Fabbisogno educatori a seguito degli investimenti nei servizi educativi 0-6 relativi al PNRR
Fonte: F. Corti, C. Morabito, T. Ruiz,- P. Luongo, The role of the Recovery and Resilience Facility in strengthening childcare policies, FEPS, FES, IEV, Recovery Watch, Policy Study, July 2022, sula base di dati ISTAT.
Non si può, inoltre, ignorare che le professionalità di cura, non solo quelle dedicate all’infanzia 0-6, godono di una forte crisi vocazionale. Le studentesse, quasi esclusivamente donne, che accedono al percorso formativo per educare nello 0-3 sono in numero relativamente basso rispetto al fabbisogno attuale e futuro. Spesso la scelta di queste facoltà è residuale, in quanto non si è avuto accesso a facoltà a numero chiuso come Scienze della formazione primaria (che apre anche l’accesso a lavorare , oltre che nella scuola per l’infanzia, anche nella scuola primaria), o Scienze sanitarie (logopedia, fisioterapia, infermieristica/ostetricia), che potenzialmente sono maggiormente retribuite. La giungla contrattuale, le differenze salariali e della stessa definizione professionale a seconda del gestore del servizio, aggiunte alle limitate opportunità di progressione di carriera, sono gli ulteriori elementi che contribuiscono a creare una limitata attrattività del lavoro professionale nei servizi educativi 0-3. La continuità e la stabilità del personale qualifica l’azione educativa e può essere garantita solo da una maggiore omogeneità a livello nazionale delle condizioni lavorative e dal possesso di medesimi requisiti professionali riconosciuti a livello contrattuale e remunerativo, a prescindere dal tipo di gestione: pubblica, del terzo settore o privata. Ciò richiede un sostegno costante di finanziamenti pubblici alla gestione dei servizi e adeguate modalità di controllo per evitare il ricorso ad appalti, affidamenti, concessioni, che non tengano conto sia delle qualifiche necessarie sia del giusto costo del lavoro, determinando un abbassamento della qualità offerta alle bambine e bambini e alle loro famiglie.
A tutto ciò si aggiunge una scarsa considerazione sociale del ruolo educativo nella prima infanzia, poiché la cultura dell’infanzia non è ancora sufficientemente sviluppata in tutti i territori, così come ha poca visibilità la funzione svolta dai servizi educativi per la promozione del bene comune, messa invece fortemente in rilievo dalla nuova Raccomandazione europea.
Non va, infine, trascurata la raccomandazione delle principali agenzie internazionali (Organizzazione Mondiale della Sanità, UNICEF, Banca Mondiale) di offrire a tutti i neo-genitori opportunità di rafforzamento delle loro capacità genitoriali anche tramite “servizi integrativi” previsti dalla normativa vigente, quali, i Centri Bambini e Famiglie e servizi analoghi, che prevedano il coinvolgimento di genitori (madri e padri) e bambini insieme, per accompagnarli nella scoperta di pratiche utili alla relazione e allo sviluppo del bambino, quali, ad esempio, lettura condivisa, gioco ed esperienza musicale.
Per tutte queste considerazioni, le associazioni della rete Alleanza per l’infanzia e di EducAzioni auspicano che la Raccomandazione europea sia recepita con lungimiranza dal Governo nazionale e dalle Amministrazioni regionali e locali. L’Italia può raggiungere gli ambiziosi obiettivi previsti, se saranno messe a disposizione adeguate risorse finanziarie e si proceda a un’adeguata e articolata progettazione di una maggiore offerta di servizi educativi inclusivi e di alta qualità.