L’animazione al tempo del colera – 3° capitolo
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Riflessione su l’Animazione Sociale in post emergenza Covid-19.
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Terzo appuntamento: Istituzioni e processi istituenti – Cura e tecnica
L’animazione al tempo del colera – 3° capitolo
Istituzioni e processi istituenti
In queste settimane sui territori alcune Istituzioni hanno ripreso un ruolo centrale all’interno della comunità, hanno smesso di mostrarsi principalmente come dei sistemi burocratici-amministrativi e amplificato la loro capacità di azione, ma soprattutto la loro funzione di piattaforme abilitanti. Sono nate nuove reti, il campo del sociale si è allargato – forse sarebbe meglio dire ridefinito – alla presenza di soggetti che solitamente non si muovevano in questa dimensione. Il COVID, in questa direzione, ha avuto la funzione di una cartina di tornasole, alcuni attori economici hanno assunto una dimensione istituzionale, basti pensare alla funzione di alcune medie distribuzione e alcune farmacia. I processi animativi così non possono non tener conto di questi soggetti e ri-descrivere il campo sociale immaginando un ruolo anche per queste inedite reti. Si può dire che sono esplose le risorse – pensiamo al protagonismo dei volontari – ed emerse le criticità.
Al tempo stesso, siamo convinti, che sia necessario rimettere al centro, fuori da ogni retorica, la nozione di BENE COMUNE in modo da decentrare ogni attore sociale dal proprio specifico.
Questa dimensione appare centrale anche perché – come hanno rilevato sia Harari, sia Diamond – in questa situazione è possibile uscire attraverso un paradigma securitario-individualista oppure responsabilizzante-collaborativo. In tale direzione crediamo che sia necessario un ruolo attivo e propositivo degli Enti Locali che non possono esimersi dall’essere Istituzioni nella Comunità e giocare un ruolo animativo. Questo significa assumere un ruolo abilitante rispetto ai territori e al tempo stesso sostenere dei processi istituenti che permettano di far vivere il territorio in maniera differente.
COVID, in questa direzione, potrebbe essere l’occasione per rianimare i territori, coinvolgere nuovi soggetti, allargare processi di partecipazione e promuovere ecosistemi sociali più complessi e qualitativamente ricchi.
L’animazione socio-culturale, a nostro avviso, è una delle leve possibile per spostarci il più possibile verso lo scenario responsabilizzante-collaborativo.
Cura e tecnica
È chiaro che una parola in questi mesi ha confermato la sua centralità: è la parola cura. Prima si poteva sottolinearne le diverse sfumature che i greci utilizzavano della parola: la cura che conserva la vita (merimna), la cura che fa fiorire l’essere (epimeleia), la cura che ripara le ferite dell’esserci (terapeia), e riservare all’animazione il termine epimeleia evidenziandone la valenza di promozione dell’essere per la realizzazione della pienezza di vita delle persone e delle comunità.
Nel Politico di Platone (275e, 267d 7-8) ogni volta che viene indicato l’agire politico si una la parola cura – epimeleia. Il politico è colui che cura non singolarmente, ma collettivamente.
Oggi, dopo aver attraversato la radicalità del dolore delle nostre comunità che hanno avuto e hanno ancora bisogno di tutte le sfumature della cura, occorrerà assumerla tutta questa parola.
E’ risultato chiaro quanto non sia sufficiente delegare alla tecnica, alle procedure, ai dispositivi, il compito di proteggere le persone e le comunità. Tutto quello che abbiamo sentito e visto in questi mesi invoca il potenziamento del farsi concreto della cura come lo presenta Luigina Mortari: prestare attenzione, ascoltare, esserci con la parola, comprendere il sentire con l’altro, chinarsi, stare a fianco, toccare con tutto noi stessi quel dolore. Evitando semplicemente di attivare compulsivamente altri servizi per curare, ma adoperandosi perché si diffonda in ogni azione, professionale o meno, come diceva don Aldo (“l’animazione è metodo in ogni professione”), il servizio della cura.
Avendo sperimentato inoltre che questo non è necessariamente in contraddizione con la tecnica di cui, per questo, dobbiamo riconoscerne limiti e potenzialità per non ripetere errori di valutazione già compiuti e continuando a separare ciò che invece fa tenuto insieme. Tanto più riconosceremo alla tecnica una funzione nel cambiamento che avviene tanto più dovremo potenziare la raffinatezza nella competenza di cura e sottrarla agli specialisti.
L’animazione come sviluppo dell’orientamento etico dell’aver cura e come apprendimento delle tecniche che consentono di dare forma all’esserci. Riscoprire tutta la forza del significato politico del curare.
Prendiamoci cura, facciamoci carico delle esigenze soggettive delle persone, insieme ai desideri e bisogni collettivi. Poniamo al centro l’ascolto delle persone insieme alle “comunità” e ai “territori” immergendoci nelle realtà e nelle storie.
Ne nascerà un documento di lavoro per l’animazione al tempo del covid 19.
Speriamo davvero di poter realizzare un prodotto collettivo.
Quindi grazie sin d’ora del vostro contributo nelle forme che vi si confanno maggiormente e alla prossima puntata!
Qui sotto tutti gli appuntamenti di questa ricorrenza #covid-19
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